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  • La diaspora dell’ORT – 1



    Malgrado i 40 anni di attività, l’Orchestra della Toscana ha avuto una sede stabile e adeguata come il Teatro Verdi di Firenze solo a partire dal 1998. Prima è stato tutto un girare per luoghi e sale di ogni tipo. Una caratteristica che si unisce alla vocazione fondante di portare i propri programmi in tutta la regione. Il racconto di Fulvio Paloscia (in sei puntate) ripercorre questo affascinante viaggio.

    Ci sono sale. Piccole, grandi. Studi radiofonici. Teatri (pochi, in fin dei conti). E ci sono macerie nella ‘cronaca dei luoghi’ dell’Orchestra della Toscana, nella storia degli spazi che hanno accolto i suoi professori. Quelle della Chiesa di Santo Stefano al Ponte Vecchio, sede storica dell’Orchestra, ferita a morte dall’attentato dei Georgofili, nella notte tra il 26 e il 27 maggio del 1993. C’è persino il terrorismo, dunque, un nuovo tipo di terrorismo che sembra studiato apposta per Firenze: distruggere l’arte, farla a pezzi, sbranarla. Dilaniare i monumenti. E indirettamente, anche la musica.  L’attentato dei Georgofili segna un buco nero nella storia della città (incolmabile e dolente quanto l’alluvione del novembre 1966) e in quella dell’Orchestra. La bomba fa esplodere gli Uffizi, l’Accademia dei Georgofili ma anche Santo Stefano, stronca vite umane e fa in pezzi, in pochi secondi, una storia costruita con fatica e con ostinazione, dissolve quello che sembrava, finalmente, un rimedio al nomadismo che ha contraddistinto sempre l’Orchestra della Toscana fin dalla sua nascita, dalla sua fondazione.

    Chiesa di Santo Stefano al Ponte Vecchio, Firenze

    Si dà il caso che la continuità sia fondamentale per l’attività di un’orchestra. Continuità non solo di tempo, intesa come programmazione fluida e quindi ‘allenamento’ costante dei professori, ma anche di spazio: il suono di un’orchestra cambia a seconda del luogo che la ospita, e cambia anche il rapporto fisico e sonoro del musicista con il proprio strumento. È un luogo comune, un sottinteso, non un assioma straordinario. Dovrebbe essere la norma, la routine. Se si parla di luoghi, l’Orchestra della Toscana non ha conosciuto una norma, una regolarità, se non negli ultimi anni, con l’approdo al Teatro Verdi. Prima, viene da immaginarsi un carrozzone di violinisti, violisti, violoncellisti, percussionisti, flautisti che girano da una parte all’altra della città e della regione, come un circo musicale: un plotone di strumentisti senza fissa dimora musicale, che ogni volta devono ricominciare da capo, devono accostarsi al suono azzerando l’esperienza precedente.

    L’Orchestra della Toscana a Villa La Torraccia (1981)

    Passi il fatto che, nel suo primo anno di vita, l’Ort non approda a Firenze: la sua sede legale è qui, gli uffici sono a Villa La Torraccia, la ‘casa’ della Scuola di Musica di Fiesole, ma di concerti neanche l’ombra. Nel 1980, la neonata Orchestra della Toscana suona ovunque: da Colle val d’Elsa a Fucecchio, da Livorno a Lucca, da Montecatini a Pietrasanta, da Piombino a Pisa, da Pistoia a Prato e poi Rosignano e San Giovanni Valdarno. Più regionale di così: assolve al suo compito di portare la musica in città decentrate dal mercato della musica classica, dal grande giro, si ferma in luoghi dove la sinfonica appare ancora un’eccezionalità, soprattutto quella diretta da bacchette di prestigio (tra i direttori ingaggiati, in quell’anno, ci sono Piero Bellugi e Gianluigi Gelmetti). Oppone soluzioni di rango a scalcinate spedizioni punitive, a improbabili compagini che girano le provincie italiane senza render giustizia alla musica.

    Villa La Torraccia, sede storica della Scuola di Musica di Fiesole

    (1. continua)

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