Dal 7 ottobre al 4 febbraio, Palazzo Strozzi ospita la mostra di uno dei più grandi (e discussi) artisti contemporanei, Anish Kapoor.
Le sculture di Anish Kapoor arrivano a Palazzo Strozzi, con la mostra Untrue Unreal: la curatela è di Arturo Galansino, che dopo i recenti successi della mostra Reaching for the Stars (comprendente opere di Maurizio Cattelan), e la personale su Yan Pei-Ming, ha deciso di invitare il celebre artista e le sue “monumentali installazioni”.
Anish Kapoor è un uomo mosso da una bruciante ambizione, tanto da essersi garantito una sorta di assolutismo sul colore nero in campo artistico – o almeno, il nero più nero che esista: il Vantablack, materiale composto da nanotubi di carbonio, capace di assorbire fino al 99% delle radiazioni dello spettro visibile, e che Kapoor ha “acquistato” nel 2016 dal laboratorio Surrey Nanosystems. Una mossa, la sua, aspramente criticata dal collega artista Stuart Semple che, nondimeno provocatorio nei suoi intenti, di tutta risposta ha creato il rosa più rosa che esista. Una boutade che tuttavia non sminuisce o ridicolizza l’opera di Kapoor e anzi, mette in risalto il “grande disegno” e la visione che questo artista britannico (ma nato a Bombay) mette in atto sin dai suoi primi passi, dall’inizio degli anni Ottanta.

L’artista Gregorio Botta di lui ha scritto: «Kapoor crea sculture che sembrano provenire dai mondi dell’universo, hanno un respiro cosmico, si nutrono di cielo», e mai descrizione fu più appropriata per definire i confini (o l’assenza di essi) entro cui Kapoor opera: il tangibile e l’intangibile, la natura materica, fisica e visiva delle cose del mondo, e la sua arte che “interviene”, interferisce con gli spazi esterni o interni che la accolgono; la porosità delle superfici e lo spettro dei colori (vivaci e accesi, dal rosso al giallo, che richiamano le esplosioni cromatiche della cultura indiana) o il vuoto cosmico, appunto, il buio dell’ignoto (Kapoor disse, una volta, descrivendo la sua opera:«Il mio lavoro è esplorare quello che non so»), un nero pecioso e infinito in cui l’occhio si perde. Ma la sua è anche un’opera che si misura con la prospettiva, e un senso di riflessione (sia metaforica, che effettivamente fisica): famose le sue sculture specchianti, gli Sky Mirrors, che riflettono la volta celeste, o il celebre “fagiolo” in acciaio, il Cloud Gate esposto al Millennium Park di Chicago.

La mostra di Palazzo Strozzi dichiara già dal nome l’intenzione di comprendere ogni spettro dell’opera artistica di Kapoor: Untrue Unreal, ovvero l’irreale e l’inverosimile, elementi che si fondono nelle sue sculture. Tra le sale rinascimentali vi è infatti grande spazio per le opere specchianti e deformanti, rappresentate qua dal trittico Vertigo (2006), Newborn (2019), e Mirror (2018), così come l’esplorazione dell’ignoto di Non-Object Black (2015), passando poi ai pigmenti di blu profondo che ricoprono le pietre di ardesia di Angel (1989), e il rosso porpora di Svayambhu (opera del 2007, il cui significato in sanscrito è “creato da se stesso”), una sorta di enorme blocco in cera e vernice ad olio che “scorre” su di un carrello, passando attraverso e inevitabilmente “sporcando” le porte del palazzo.

Questo dialogo tra le sculture di Kapoor e lo spazio espositivo trova poi la sua realizzazione in un’opera site-specific, intitolata Void Pavilion VII, collocata nel cortile interno del palazzo e composta da tre grandi blocchi rettangolari, vuoti all’interno, che “annullano” la sensazione di spazio e di armonia architettonica preesistente, in uno “scontro” tra Rinascimento e presente.

Per informazioni su costi, orari d’apertura e visite guidate (e le iniziative correlate), visitare il sito https://www.palazzostrozzi.org/archivio/mostre/anish-kapoor/.