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  • La nostalgia dell’altrove



    Chiara e Irene, due sorelle originarie di Fidenza (PR), hanno sposato la multi disciplinarietà per la realizzazione di lavori che si muovono tra fotografia, video, arte, sperimentazione e moda. Il loro ultimo progetto racchiude perfettamente quest’attitudine: “Fernweh” è un’opera ibrida in cui le immagini sognanti delle sorelle si uniscono alle parole poetiche di Glomarì.

    Chiara e Irene Trancossi sono due sorelle originarie di Fidenza in provincia di Parma. Nate rispettivamente come scenografa e fotografa, intraprendono insieme un percorso di art direction e regia; sono due personalità eterogenee che amano sperimentare con l’uso combinato di diverse arti e in particolar modo indagare il rapporto che lega musica e immagini. Il loro ultimo lavoro si chiama Fernweh ed è una video-poesia nata da un’idea delle sorelle che si sono occupate della regia e della parte visiva, mentre la musica e le parole poetiche sono di Glomarì, artista e cantautrice nonché collaboratrice consolidata da anni con cui si è instaurata fin da subito una forte sintonia. Si può quasi dire che si tratta di un progetto a sei mani, in cui la musica è la traduzione delle immagini (e viceversa), come una sinestesia.

    Fernweh è una parola tedesca che non ha un corrispettivo nella nostra lingua, ma che si può tradurre con “nostalgia dell’altrove”. E così già dal titolo si intuisce il messaggio che si cela dietro quest’opera. Non a caso il lavoro è nato durante la prima quarantena causata dal Covid-19, da una voglia di evasione e dal desiderio di uscire da una condizione di chiusura forzata. Restituendo un valore alle cose semplici, hanno in qualche modo riscoperto la loro terra d’origine per realizzare un sogno ad occhi aperti, un viaggio verso un rifugio lontano dal rumore del mondo.

    “Dalla fine del liceo non siamo quasi mai qui a casa a Fidenza per un tempo così prolungato, ma con la quarantena ci siamo dovute tornare per forza. Da una parte è stato come tornare bambine, tirare fuori oggetti quotidiani che si trasformano in qualcos’altro di magico, giocare con false prospettive… reminiscenze fantasmatiche che danno nostalgia di un passato e di un altrove. È nato come un gioco tra sorelle e quasi tutto è stato girato nel giardino di casa”, spiegano Chiara e Irene.

    Irene, Chiara e Glomarì

    Fidenza si trova tra Parma e Piacenza, una terra nebbiosa. Non c’è mare e non c’è montagna, ma solo una vasta pianura. Questo immaginario è stato il punto di partenza, unito alle influenze dall’arte surrealista, sia in termini di avanguardia che di reinterpretazione, da rimandi fiabeschi e favolistici legati all’infanzia, ma anche dalla magia e dall’illusionismo. Il tutto è stato fatto in un contesto “casalingo” che si è tradotto in un lavoro studiato e di qualità, in cui sono riuscite a prendere per mano spettatore, in una fuga verso una storia fantasiosa. “In molti ci hanno chiesto se le immagini fossero state girate con il drone, ma non è così. Abbiamo creato tutto con il minimo materiale, costruendo una vera e propria illusione. Dietro le quinte ci hanno aiutato tutti, i nostri genitori che tenevano i pannelli riflettenti e i vicini che ci hanno aiutato con materiale elettrico. Abbiamo usato i mezzi che avevamo. L’alternativa era non fare.”

    Come abbiamo detto le personalità delle due sorelle sposano volentieri multidisciplinarietà e sperimentazione. Non a caso per entrambe il teatro è stato uno punto di partenza fondamentale della formazione. Chiara si è laureata in architettura, ma portando sempre avanti la sua attitudine verso la scenografia. Ha fatto uno stage al Maggio Musicale Fiorentino imparando a tradurre i testi dell’opera lirica in immagini evocative e ha collaborato più volte con il Cantiere Internazionale d’Arte di Montepulciano come scenografa e pittrice.

    Irene invece ha studiato fotografia, portando a termine il suo tirocinio proprio al Teatro Verdi. Per ben tre anni ha seguito Marco Borrelli e il suo lavoro per l’ORT, imparando a muoversi nell’orchestra e affinando delicatezza e intuito: “L’iniziale esperienza con il teatro e la fotografia di scena è stata molto importante per il mio percorso professionale in continua evoluzione; mi ha fatto scoprire una nuova sensibilità e spesso influenza il mio lavoro di adesso. Sono arrivata lì a vent’anni e mi sono sentita subito a casa. Alla fine anche i professori mi riconoscevano e mi sono sentita parte del tutto”.

    Insomma, la storia di queste due sorelle racconta di una ricerca di speranza e di una resistenza artistica che in questo momento sono davvero necessarie. Dietro il lavoro di un artista c’è sempre una ricerca, tanto impegno e tanto studio che non vanno dimenticati. Perché fare arte significa anche questo: documentarsi, guardarsi intorno e reinterpretare per produrre sempre materiale nuovo. Il tutto condito con una sana dose di divertimento.

    Potete trovare il video di Fernweh qui

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