Timoteo Carbone, classe ’91, è un giovane compositore italo-svedese che si è fatto strada esplorando diversi stili, spaziando dalla musica elettronica alla classica più contemporanea. Soprattutto si è dedicato alle installazioni multimediali, indagando le innumerevoli possibilità del mondo digitale. Una di queste potrebbe arrivare al Teatro Verdi.
Timoteo inizia a suonare la chitarra quando è in seconda media e fin da subito nasce la voglia di fare canzoni. Pur non sapendo ancora leggere la musica, riesce ad entrare nella scena musicale alternativa di Firenze, assimilando molte delle attitudini da palcoscenico tipiche della musica rock dal vivo. Poi, dopo aver studiato per tre anni al Conservatorio Cherubini di Firenze, decide di trasferirsi in Olanda per studiare al conservatorio di Rotterdam. Come in quasi tutto il nord-Europa, la tradizione musicale olandese è molto forte, anche per quello che riguarda la musica contemporanea e la mescolanza tra elettronica e classica. C’è anche una bella tradizione di compositori come Jan Boerman, morto l’anno scorso, o il professor Peter-Jan Wagemans con cui Timoteo ha studiato e che è stato quasi un mentore.
“Studiare in questo ambiente molto aperto mi ha dato la possibilità di lavorare con le installazioni musicali, all’inizio non sapevo davvero niente e non sapevo nemmeno come avvicinarmi a questo tipo di arte. Era un modo per affrontare elementi compositivi più visivi e performativi che in qualche modo rimandano anche alla musica rock e alternativa da cui vengo: performance, luci, rapporto con il pubblico. Nel mondo della classica questi aspetti si andavano a perdere o comunque era tutto diverso. A livello espressivo mi mancava proprio immaginarmi la performance”.

Nel 2015 ha la preziosa possibilità di fare un’installazione ispirata a L’Arte dei Rumori di Luigi Russolo, manifesto futurista del 1913. Il progetto ha avuto una notevole fortuna, tanto che è stato accolto dal museo di arte contemporanea Van Abbemuseum. E così da questa esperienza Timoteo inizia a capire che la semplice composizione per lui non è abbastanza e inizia a identificarsi come un artista multimediale, un vero e proprio Sound Artist che oltre al comporre musica si immagina anche una performance. In Italia questa attitudine non ha vita troppo facile, soprattutto a livello istituzionale. Però c’è da dire che a Firenze c’è stato un gruppo di artisti fiorentini, operanti dalla fine della Seconda guerra mondiale ad oggi, che hanno sperimentato volentieri l’interazione tra suono, gesto e visione. Uno di questi è sicuramente il professor Daniele Lombardi (1946-2018), che Timoteo ha avuto la fortuna di incontrare a Firenze e poter conoscere più da vicino il suo lavoro tra musica e pittura, verso l’idea di un’opera unica.
Questa ricerca all’interno dell’arte multimediale ha presto portato Timoteo a studiare all’interno dell’Accademia e del Conservatorio Reali, nel dipartimento di Art Science. È un’inter-facoltà fondata dall’artista e compositore Dick Raaymakers, padre della musica elettronica e della sound art. Grazie a questo percorso ha potuto studiare nei laboratori dell’Accademia e negli studi del Conservatorio, ricavandone un’esperienza importantissima.

Lo studio e la passione hanno portato Timoteo Carbone a realizzare molti progetti. L’ultimo si chiama Fantasia per Suono/Spazio ed è stato proposto proprio al nostro Teatro Verdi, in attesa della riapertura che permetta di esporre l’installazione. Si tratta di una serie multimediale di composizioni per quartetto d’archi, percussioni e scena virtuale 3d. “Questo anno di pandemia mi ha portato a sperimentare ed esplorale questo format della simulazione digitale e del game design. Non esiste più uno spazio concreto (almeno per adesso), ma nella natura digitale c’è la possibilità di rendere accessibile un’opera a chi non può venire in teatro. Non a caso questo lavoro nasce anche un po’ come risposta alla situazione che stiamo vivendo”, racconta l’artista.

Le possibilità tecniche di questo tipo di arte sono effettivamente molto interessanti, soprattutto in una situazione in cui lo spazio performativo fisico è (temporaneamente) scomparso e non rimane che uno spazio digitale, tutto da esplorare. Ci sono infatti possibilità, storie ed elementi artistici che lo spettatore-utente può indagare. Si va a creare una scena virtuale che è come una scena di teatro, ma che può essere liberamente esplorabile dallo spettatore anche in dei modi inaspettati. Per esempio si può dare allo spettatore capacità che non possiede, come volare in una galassia di suoni e oggetti o comunque la possibilità di muoversi, guardare e sentire in modo libero. Una composizione di suoni si può esprimere in un ambiente virtuale con tutte le sue dimensioni compositive, creando architetture, scene, luci e interazioni.
“Arte digitale e installazione multimediale sono due discipline appetibili che possono coinvolgere sia il pubblico che le istituzioni e che stanno vivendo un periodo di grande vivacità. Portarle a Firenze sarebbe un bel segnale di dinamicità e apertura.”
Potete trovare il teaser video di Fantasia per Suono/Spazio cliccando qui.