Nel suo laboratorio di Badia a Settimo, Lorenzo Belardi con attenzione e necessaria pazienza prosegue la costruzione del violino. Siamo a buon punto, ma non bisogna perdere la concentrazione, la strada è ancora lunga. È una questione di “manico” e anche di “testa”.
Arrivati a questo punto potremmo pensare che la fase di costruzione sia quasi giunta al termine, ma siamo ben lontani dal poter definire conclusa la struttura del nostro strumento. Quello su cui andrò a concentrarmi in questi giorni è la lavorazione del manico, una sezione del violino intuitivamente semplice ma esteticamente sofisticata. È proprio in questo elemento che la liuteria esprime al meglio quella che è la sua natura artistica, attraverso l’intaglio e la rifinitura di un semplice blocco di legno dal quale estrarre l’iconico riccio, particolare caratteristico di questo strumento.
Il materiale necessario si acquista presagomato, ma la scelta richiede comunque una particolare attenzione. Anzitutto la misura dev’essere sufficiente a contenere la testa del mio violino, proporzionata al corpo secondo precisi calcoli, in seconda battuta è importante assicurarsi che le venature siano il più regolari possibili; queste, infatti, dovranno correre parallele alle corde in modo da sostenere con maggior forza il carico esercitato sull’intero strumento.
Una volta scelto il blocco e rifinito attraverso un minuzioso lavoro di sgorbie e lime procedo a disegnare da entrambi i lati la sagoma del manico e della testa, facendo attenzione a mantenere una perfetta corrispondenza fra le due facce. Procedo con la foratura dell’intero blocco nei quattro punti dove successivamente inserirò i piroli per le corde.

Ora che ho il mio disegno, munito degli adeguati strumenti di precisione, inizio a intagliare la spirale del riccio con le sue volute. Questa lavorazione è, a mio parere, estremamente significativa e racchiude al suo interno un affascinante valore simbolico.
Perché il riccio? Perché una scelta così complessa per una parte totalmente ininfluente ai fini del suono? Ebbene, la scelta di questa forma è figlia dell’epoca stessa in cui nasce il violino, ossia il Rinascimento, caratterizzato dal ricorrente richiamo alla sezione (o spirale) aurea. Senza dilungarsi in spiegazioni matematiche questo elemento è un richiamo alla perfezione della natura e alla sua vitalità, dinamica e pervasiva. La decisione di posizionarla in testa allo strumento vuole appunto richiamare queste caratteristiche. D’altra parte cos’è la musica se non è vita? Cos’è la musica se non movimento? Nella scultura del riccio, dunque, c’è una forte carica simbolica che noi liutai siamo chiamati ad esprimere al meglio.
Una volta terminata la testa, per la quale si impiega circa una settimana, bisogna preparare la tastiera e il resto del manico. Per quanto riguarda la prima si tratta di una tavoletta di ebano cui darò una dimensione e una curvatura precisa. Questa viene poi incollata sopra il manico il quale successivamente verrà rifinito e levigato. Questo lavoro deve essere fatto con la massima cura per rendere il più confortevole possibile la presa del musicista e qui subentra l’esperienza del liutaio. È necessario infatti conoscere l’utilizzo ultimo dello strumento, il mercato a cui è destinato, perché non tutti abbiamo mani delle stesse dimensioni ed eccedere, anche di pochi millimetri, in alcuni casi può rovinare il lavoro di settimane e settimane.

(6. continua)