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  • Un violino per l’ORT | 4



    La costruzione dello strumento va comunque avanti anche in questi giorni difficili. Il laboratorio è sotto casa e quindi si può fare. Serve ad occupare il tempo lavorando, e a guardare al futuro. Nuovo appuntamento con il nostro liutaio.

    Proprio come per il fondo, la lavorazione della tavola prevede tempi molto dilatati, anche perché il procedimento previsto è pressoché identico, eccezion fatta per il particolare che inconsciamente, tutti noi, colleghiamo a questo strumento: le sinuose effe acustiche. 

    Una differenza sostanziale la troviamo anche nel legno utilizzato; se nel caso del fondo troviamo infatti maggiore libertà rispetto al materiale, per quanto riguarda la tavola esiste un’unica opzione adottata in tutto il mondo: l’abete rosso della Val di Fiemme. Questo grazie alla peculiare elasticità che lo caratterizza e che permette al suono di trasmettersi i attraverso i canali linfatici del legno. 

    Il processo inizial  è il medesimo; calcolo la densità del legno, incollo le due componenti e traccio il perimetro, proseguendo successivamente al taglio e alla rifilatura. Seguono le operazioni di sgrossatura, filettatura e incavatura mediate i soliti utensili. Munito di sgorbie, pialle, rasiere e lime di vario tipo lavoro per qualche giorno a questa sezione del violino, facendo sempre riferimento al fondo che ho già creato. Questo perché i due legni utilizzati presentano una diversa capacità di vibrazione, di conseguenza dovrò lavorarli in modo da accordarli sulla stessa nota di risonanza. Questo è un aspetto molto tecnico e fondamentale nella creazione di un violino e richiede spesso numerose verifiche attraverso il generatore di frequenze utilizzato precedentemente per il fondo. È evidente che non posso avere due parti dello stesso strumento in dissonanza fra loro. In questo processo di accordatura risulta indispensabile la cosiddetta “catena”, un listello di legno che, sagomato e incollato seguendo precise misure, permette la propagazione del suono lungo tutta la tavola scaricandolo sul fondo e permettendo la perfetta armonizzazione delle due parti. Inutile sottolineare come anche questo elemento presenti una funzione strutturale di stabilità.

    Passiamo ora all’elemento caratteristico di un violino, le “FF” effe che permettono al suono di fuoriuscire dallo strumento. Oltre a garantire un’estetica elegante e affascinante, la particolare forma di questi fori di risonanza dona al violino il suo caratteristico suono e timbro, frutto di studi e modifiche negli anni. Gli strumenti antichi, infatti, presentavano dei piccoli fori, divenuti successivamente dei solchi a forma di “C” e ingrandite progressivamente sino a giungere alla forma odierna. Questa mutazione segue la naturale evoluzione della musica. Basti pensare che un tempo questa era suonata in piccoli spazi, per pochi intimi, in una situazione in cui non era necessaria un’eccessiva forza di propagazione. Ai giorni d’oggi, dunque, uno strumento prodotto da Stradivari in persona, di cui possiamo apprezzare degli splendidi esemplari conservati presso l’Accademia di Firenze, non potrebbe suonare con efficacia in un grande teatro. 

    Il nostro violino invece ha bisogno di forza, e saranno proprio le nostre effe a donargli il carattere e il timbro degno di un primo violino.

    (4. continua)

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